giovedì 26 maggio 2011

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.

Indignatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra indignazione quando inizieremo la nostra rivoluzione.
Così mi sento di continuare l'invito di Gramsci. Così mi sento di chiedere a tutti quelli che conosco di "indignarsi", di abbandonare lo stato di passività che opacizza le menti ormai da troppo tempo. Che non esista solo la "rivoluzione spagnola", quella mediorentale, quella greca. Attenzione però, rivoluzione non significa violenza. Fidel diceva che "Il rivoluzionario crede nell'uomo, negli esseri umani. Chi non crede nell'essere umano, non è rivoluzionario". Così dobbiamo partire dall'Uomo; rieducarlo ai principi fondamentali, mostrargli che i cambiamenti non sono solo quelli che finiscono sui telegiornali. Come possiamo pretendere che il Mondo diventi migliore se neanche ci fermiamo se la persona davanti a noi cade? la rivoluzione prima di tutti deve essere interiore; cambiare il nostro modo di pensare, di agire, abbandonare i nostri microcosmi per rincontrarci in un giardino. Collaborare ad un progetto, uno qualsiasi, ma collaborare. La rieducazione deve partire dall'imparare nuovamente a contare uno sull'altro, tornare a fidarsi senza vedere in ogni vicino un possibile nemico. Capire che c'è sempre qualcosa che si può fare, non smettere di lottare. Vorrei esortare tutti a guardarsi intorno, a cercare di andare oltre la banale apparenza; scavare negli sguardi altrui, regalare sorrisi, far trasparire la propria disponibilità all'ascolto. Purtroppo sono sempre meno le persone che "sanno ascoltare",  che sono realmente interessate a quello che si ha dentro. Lasciate i segreti agli astemi! Inneggiare alla riservatezza è solo egoismo; io non faccio segreto di quello che mi accade quotidianamente non perchè non riesca ad essere "riservata" o perché sia "superficiale", condividere le esperienze può servire a tutti soprattutto a chi non riesce a parlarne! Così si parla della perdita di una persona "amata" non per fare sfoggio del proprio dolore ma per dimostrare che siamo umani, che proviamo emozioni, che non siamo soli, nemmeno nella sofferenza. La solitudine non è una caratteristica fisica, se una persona non si fosse sentita sola ieri sera, non avrebbe saltato nel vuoto dal suo balcone al quinto piano. Per questo invito tutti a condividere le proprie esperienze; rendersi conto di non essere gli unici a dover affrontare ostacoli che spesso ci sembrano invalicabili può salvare vite. Ieri sera non è bastato, il dolore era accompagnato dalla patologia del secolo: il tumore? No, la Depressione, Figlia di Solitudine e Dispiacere. Così piangiamo un amico che a differenza nostra era solo un po' più debole, e diciamolo, aveva anche incontrato la persona sbagliata. Mostrate la parte migliore di voi, scordatevi gli stupidi pregiudizi che vi ha incurcato la televisione commerciale. Diventate leader di voi stessi. Aiutatevi ed aiutate gli altri, che di gente di merda purtroppo ce n'è sempre troppa.

Per ricordare P. , un uomo perbene.


 ( il ragazzo del video è Federico Aldrovandi, leggetevi la sua storia)

Testo di " Non dormi" di Giorgio Canali e Rossofuoco

Come vorresti addormentarti ora,
ma con questa luna piena
il lupo ti divora.
Come vorresti fosse già mattina,
con il sole all'orizzonte a cancellarla questa luna.
E queste tentazioni di fare e farsi del male,
come sempre inarrestabile è la marea che sale,
nessuno si senta in salvo,
nessuno speri,
nessun dorma,
all'alba vincerà qualcuno,
all'alba,
la calma.
Chissà perchè la gente a questo punto cerca dio,
gli occhi persi nel blu,
ma se c'è qualcosa che ti manca,
o sono io,
o ti manchi tu.
Come vorresti addormentarti ora,
ma,complice il silenzio,
il vuoto ti divora
e come vorresti cadere nello stesso sonno profondo della gente per bene
di questo buco del culo del mondo.
E urlate sirene,
suonate campane,
gridate allarmi,
a devastare questa quiete,
perchè tu non dormi.
La gente nel silenzio cerca dio,
gli occhi persi nel blu,
ma se c'è qualcosa che ti manca,
o sono io,
o ti manchi tu,ti manchi tu.
E ascolti immobile,
il cuore battere,
accompagnare in questa danza i tuoi pensieri,
ti lasci prendere in questo vortice,
inesorabile,
non puoi uscirne fuori.
E ascolti i gemiti e i lamenti,
di amore o di avemaria,
di questa città di morti viventi,
di vivi morenti e cosìsia.
E i tentativi timidi
di naufraghi nictalopi
di navigare incolumi tra queste ronde civiche.
E chissà perchè
è di notte che la gente disperata cerca dio,
gli occhi persi nel blu,
ma se c'è qualcosa che ti manca,
o sono io,
o ti manchi tu,ti manchi...
La gente nel silenzio della notte cerca dio,
gli occhi persi nel blu,
ma se c'è qualcosa che ti manca,
o sono io,
o ti manchi tu,ti manchi tu. 



martedì 24 maggio 2011

siamo ricercatori se vi va, siamo ricercatori se non vi va.

Aggiornarsi frequentemente soprattutto in ambito di Salute e Prevenzione dovrebbe essere una priorità per tutti. Non possiamo aspettare sempre che sia un giornalista a dare "il notizione" sull'ultima scoperta. Mi accorgo che sempre più spesso le persone ricorrano ad internet per cercare informazioni su patologie che sono state diagnosticate loro di cui prima non sapevano assolutamente niente. Io stessa ho cercato articoli scritti in ogni lingua. Ampliare i propri orizzonti è il minimo quando si ha internet a disposizione. Personalmente seguo gli aggiornamenti pubblicati dal "The Lancet" raccolta medico-scientifica che propone ricerche in corso, risultati ottenuti e spunti per nuove valutazioni . Mi è stato consigliato PubMed, anche questo consiste in una raccolta di articoli riguardanti tutti gli aspetti della Salute. Come iniziare? Come consiglio personale mi sento di scrivere di... tradurre in inglese l'argomento che vi interessa; inserendo nella sezione "search" i termini tradotti in inglese avrete accesso ad un numero esponenzialmente maggiore di articoli. Non conoscete l'inglese? Il traduttore di Google può essere d'aiuto,  15 € ad uno studente e vi invierà la traduzione corretta. Alcuni articoli sono protetti da Copyright, dovrete quindi pagare per avere accesso allo "scritto" per intero. Siete contro il Copyright? Rispetto la vostra idea ma non la condivido. Non sapete cosa sia? Wikipedia vi aiuterà. Si consiglia una lettura critica di ogni articolo, a volte vengono presentate "cure miracolose" in seguito confutate dagli stessi ricercatori. Usate le nozioni acquisite con cautela.

lunedì 16 maggio 2011

l'amore ai tempi dei licenziamenti..

Era per questioni condominiali e sentimentali
per disegnarti sulla schiena delle strisce pedonali
per distruggere una fabbrica perché troppo malinconica
era per i tuoi occhi all’ufficio degli oggetti smarriti
fare l’amore nei container e i vari ricordi
e non poterti raggiungere perché ci sono le targhe disperi
e i nostri venerdì neri i tuoi miracoli economici
e i lunedì difettosi accompagnami a raccogliere i petardi che non sono esplosi
il nostro scambio d’organi ha imbrattato le pareti dobbiamo ridipingerle
e andremo a prendere freddo da qualche parte
e andremo a prendere freddo da qualche parte
era per questioni condominiali e sentimentali
per gli scontri tra gli inter-regionali
tra i treni merce per i diluvi universali dei tuoi pianti
era per l’alta marea dei nostri sguardi
per i cd dipinti con i pennarelli scarichi
e altri cieli coperti dai copertoni bruciati
e dai tuoi sbattimenti
dai nostri martedì magri dai tuoi voli aerei economici
i lunedì difettosi e accompagnami a raccogliere i petardi che non sono esplosi
il nostro scambio d’organi ha imbrattato le pareti dobbiamo ridipingerle
e l’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici
e l’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici


per te che sei lontano e che ci pensi raramente

Scrivo ad una persona in particolare, che da ben otto mesi vive ad Abu Dhabi. E' lì per lavoro, dice lui. E' scappato dall'Italia, dico io. Sta creando un sistema informatico per la banca privata di uno sceicco; viene pagato in oro in quanto il suo "datore di lavoro" non sopporta di dover adeguare ogni mese lo stipendio in base al cambio internazionale. Al mese guadagna quanto un operaio in un anno.  Mi ha promesso un lingottino grande come una porzione di Kit-kat. Lo aspetto. Parliamo quando il suo mondo gli permette di connettersi, di essere controllato mentre risponde alle classiche domande: "hai mangiato?", "stai bene?" "quando torni?". Quando torni. Torna presto, anzi, non tornare. Queste le nostre migliori discussioni; Tommi, almeno tu che puoi, salvati. Scegli un altro qualsiasi paese e vivici! Noi finiamo l'università e ti raggiungiamo. Perchè adesso l'Italia ti  manca,  Firenze ti commuove su Google Map, Santa Croce ti fa sorridere come fosse la tua prima fidanzata.  Ma qui è lo stesso inferno di sempre; perchè ora non ti mancano i contratti di lavoro a super tempo denterminato stabiliti da agenzie interinali; non ti mancano le ordinanze comunali, i pestaggi della polizia, i maledetti "vigilini", gli ubriachi violenti di S.Lorenzo. Ti mancano i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi vicini di casa. Gli stessi, che ben 10 anni fa, chiamarono i carabinieri alle 22.00 per segnalare una festa troppo rumorosa, le nostre partite alla Play Station! Torna per brevi periodi, non dare il tempo alla "precarietà" di oscurare il cielo; portati Firenze nel cuore il più lontano da qui.

mercoledì 20 aprile 2011

social bookmark

Delicious, anche no. Normalmente salvo i preferiti attraverso il browser internet che utilizzo; difficilmente accedo ad internet da altri pc. O forse non ritengo indispensabile avere sempre a portata di mano i link necessari alla sopravvivenza telematica. Homebanking, med.unifi, repubblica, xl repubblica, il fatto si trovano facilmente cercandoli con Google. I social bookmark sono utili ma non indispensabili al tipo di utilizzo che per ora faccio di internet. Vedremo in seguito!

le relazioni ai tempi di facebook

Ad oggi se non sei su facebook non sei nessuno. Non sei in contatto col mondo, ti perdi gli inviti agli eventi migliori, non sai cosa farà il tuo ex-fidanzato nel week-end, non sei contro la violenza contro le donne, la pedofilia, l'omofobia, le guerre, la fame nel mondo, berlusconi. Se sei un musicista non puoi non avere Myspace, Twitter; se sei un fotografo non puoi mancare da Flickr. Insomma, se non sei perennemente connesso, non esisti. Sei all'estero? Skype, msn sono la tua soluzione; il telefono serve solo per connettersi in rete. Così succede che le persone chattano ma non parlano, si spiano ma non si guardano, si fanno gli auguri per i rispettivi compleanni ma non si salutano per strada. Bisogna dire però che le stesse persone possono con un semplice click aggiornarsi sulla situazione mondiale, avere quella libertà di informazione che purtroppo spesso viene a mancare nel nostro paese. Grazie ad internet possiamo conoscere realtà che vanno ben oltre la cellulite di Valeria Marini (vedi Studio Aperto del 4 aprile) o gli ultimi amanti di qualche velina osannata dalla televisione. La differenza è data dall'utilizzo che se ne fa: bisogna essere sempre critici riguardo gli input che riceviamo; la morte cerebrale avviene quando gli stimoli esterni vengono accolti in maniera passiva; quando leggi che è esplosa una centrale nucleare in mezzo al mare e pensi che tu non ne pagherai le conseguenze. Quando ti indigni per quello che vedi ma non fai niente per cambiare le cose. L'ossessione per la rete diviene quasi una follia di massa, tutti controllano la presenza di wireless non protette; effettuano check-in virtuali con applicazioni del telefono per far sapere "al mondo" dove si trovino ma quando vengono raggiunti appaiono quasi disturbati. Internet è il paradiso dei sociopatici! Ed il purgatorio dei comuni mortali che si salutano ancor per strada, che ti chiedono "come stai", che se non ti vedono da qualche giorno non cercano notizie sulla tua homepage ma ti chiamano. Dobbiamo rieducarci, questo è il punto. Ricordarci che la rete è solo un mezzo ma non una realtà parallela dove nasconderci e proteggerci. Ci vorrebbe una rivoluzione.

lunedì 11 aprile 2011

muore chi evita una passione

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi
chi non cambia la marca
chi non rischia e cambia colore dei vestiti
chi non parla a chi non conosce.
...
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica
chi non trova grazia in sè stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i propri giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande su ciò che non conosce
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

(Pablo Neruda)

sperando serva a qualcuno

Venne un tempo in cui la Tristezza e la Cattiveria usavano dilettarsi bagnandosi in un laghetto nascosto in mezzo ad un bosco. Ridevano, scherzavano, si liberavano delle vesti ingombranti e si lasciavano cullare dall'acqua. trascorrevano interi pomeriggi in quel loro nascondiglio speciale, sempre attente a non farsi scoprire dagli abitanti del luogo. Un giorno però , mentre nuotavano udirono voci di giovani avvicinarsi sempre di più così uscirono velocemente dall'acqua senza preoccuparsi di cosa indossassero. Successe che per errore la Tristezza vestì il mantello della Cattiveria ed a quest'ultima non rimase che coprirsi con le vesti rimanenti. Per paura di essere scoperte non si incotrarono mai più in quel luogo segreto; così come il timore impedì loro di scambiarsi gli abiti. Da quel giorno avviene che dietro tanta cattiveria esiste molta tristezza e dietro molta tristezza vive molta cattiveria il tutto a causa della paura.

mercoledì 30 marzo 2011

Paolo Poli un uomo del mio tempo

Intervista a Paolo Poli di Antonio Gnoli per "la Repubblica"
PAOLO POLI NE IL MARE
Che dire di Paolo Poli, 81 anni portati con grande disinvoltura? Se scherzi e gli fai un complimento un po´ da signora non si offende, anzi finge di guardarti con occhi che sbattono civettuoli. La vocetta frivola condensa anni di gesti teatrali all´insegna della più totale libertà di pensiero. E improvvisamente immagini che nella sua testa scorrano le canzonette e le canzonacce, i monologhi e duetti, le mammine e i profumi, i balocchi e le mossette, le parrucche e le scarpine, il militare e il frac, lo chiffon e la marcetta. Teatro di una vita.
Se fossimo nel repertorio delle favole, Poli sarebbe insieme Biancaneve e la strega, il lupo e Cappuccetto Rosso, l´orco e Pollicino. Adora, del resto, le narrazioni per l´infanzia. Come gli opposti che si tengono con una tensione che vocalmente lo fa essere insieme baritono e soprano. Un po´ uomo e un po´ donna. La sua chiave è l´ambiguità.
PAOLO POLI NE IL MARE
Ho visto il suo ultimo spettacolo: 'Il mare', tratto dai racconti di Anna Maria Ortese: sulla scena per due ore Poli e quattro finte girls, perfette nel ruolo equivoco di accompagnatori en travesti. E lui, una vera lady che allarga le braccia e poi le stringe al petto e piega il volto e sorride sotto la maestosa parrucca fucsia e il filo di trucco, un composto a metà strada tra le mosse di una drag queen e Colazione da Tiffany. Lo incontro nel camerino dell´Eliseo. Ambiente spento, ma lui, Paolo Poli, in grado di irradiarlo di luce e di intelligenza.
PAOLO POLI
Si riconosce con chi la definisce l´attore più brillante che abbiamo?
«Oscar Wilde diceva che il peccato più grave in teatro è la noia. Ai suoi tempi con le unghie strappavano il velluto dalle seggioline. In seguito hanno cominciato a tirare ortaggi, uova e perfino gatti morti».
L'hanno mai bersagliata?
«Solo in un´occasione: recitavo in un teatrino non lontano da Parma. Vennero dei fascisti a tirarmi le uova. Ma le scansai tutte. Facevamo una presa in giro di un personaggio tipo Farinacci. Cosa vuole, c´era ancora gente che aveva nostalgia del manganello».
PAOLO POLI
E poi più niente?
«Un´altra volta ho avuto delle noie. Mi ero travestito da suora e facevo Santa Rita, ero bravissima. Come un´ingenua bambinetta con le treccine scendevo tra il pubblico, sedendomi sulle ginocchia di qualche omaccione, e dicevo: "scusate le spalle, ma qui sento del duro!". Il pubblico rideva. Dopo l´interruzione dello spettacolo, giudicato blasfemo, chiusero il teatro e fecero perfino un´interpellanza parlamentare».
Quando è nato il suo rapporto con il teatro?
«Da piccino. Come carabiniere, mio padre aveva diritto all´ingresso libero e mi nascondeva sotto il mantello per farmi entrare. La prima cosa che vidi fu Vestire gli ignudi di Pirandello, con Paola Borboni nella parte della signorina Ersilia. Mi sembrava brutta, piccola, grassoccia e non capivo perché sulla scena le gridavano: "No, no, non si uccida! Così bella, così giovane". Col tempo ne ho apprezzato il genio».
PAOLO POLI
Un'altra attrice all´altezza?
«Franca Valeri, straordinaria ancora oggi. Quando la senti recitare dopo un po´ ti dimentichi del singhiozzo e vedi la poesia».
Quando ha iniziato a recitare?
«Seriamente nei primissimi anni Sessanta. Il periodo in cui morivano le compagnie capocomicali e nascevano i teatri stabili con molto Shakespeare e Brecht».
Però ha scelto un altro genere di teatro.
«Per forza. Nessuno avrebbe impegnato soldi su di me. Ero troppo effeminato. Era un periodo in cui bisognava essere virili. Marlon Brando, che poveretto aveva una voce come Donald Duck, veniva doppiato con timbro stentoreo. Era invece un omino piccolo».

Lo ha conosciuto?
«In casa di Zeffirelli che lo aveva chiamato per fare Ulisse in un´Odissea. Comunque la faccenda non andò in porto, servivano troppi soldi. Un giorno si fece una visita alla Cappella Sistina. Brando rimase estasiato: per la prima volta aveva visto le mille maniere che gli uomini più belli del mondo hanno di arrampicarsi sui soffitti».
E' difficile immaginarlo con la testa in su e la bocca aperta.
«Era carino, mascella volitiva e un repertorio di gesti appresi alla scuola di Strasberg. Se lo chiamavi, lentamente alzava lo sguardo e ti fissava tra il macho e il languido. Un po´ come Greta Garbo. Solo che la Garbo aveva inventato il linguaggio del corpo nel cinema: la palpebra che si abbassa e vela il pensiero, la mano che tira indietro i capelli: sembrava una statua di Brancusi».
Citazione raffinata. Di lei si dice che sia una persona molto colta.
«Ma che colta. Ho fatto studi regolari, ma con grande fatica. In casa eravamo sei fratelli, mio padre è morto nel 1945. Sicché si stentava. Ho impiegato dieci anni a laurearmi, in letteratura francese. Mi sarebbe piaciuto occuparmi di storia dell´arte».
PAOLO POLI
So che ha conosciuto Roberto Longhi.
«Era il mio professore. Feci un paio di esami con lui. Poi si divenne amici. Veniva a Roma da Firenze e si annoiava mortalmente in casa della Bellonci, dove era andato a stare provvisoriamente. Per cui certi pomeriggi si rifugiava in teatro alle mie prove. Un uomo intelligentissimo, spiritoso, giocatore incallito. Tornò una volta dall´America e durante un racconto conviviale, mi guardò puntandomi l´indice: "Poli, laggiù mi hanno chiesto se Caravaggio era finocchio, che risponde?". Professore, io non c´ero. E giù tutti a ridere. Che uomo straordinario e che scrittore meraviglioso».
Lei ha molto costeggiato la letteratura per il teatro.
«Cosa vuole, mi sono attaccato alle palle di gente più grande di me: ultimamente a Parise, e alla Ortese. Scrivere direttamente per il teatro è molto più difficile. L´ultimo grande drammaturgo è stato Pirandello. Meglio la letteratura, quando c´è una scrittura tersa e raffinata».
PAOLO POLI
Chi le piace tra gli scrittori?
«Ho adorato Moravia. Scriveva benissimo e aveva un carattere amorevole. Negli ultimi anni mi telefonava spesso, si sentiva un po´ solo in casa, e si annoiava. Capitava che andassi a trovarlo la sera. E, certe volte, dalla finestra di casa si guardavano le troie che battevano sul Lungotevere: "Paolo, è meglio il sesso a pagamento o quello libero?", libero, rispondevo. E lui: "Tu menti sapendo di mentire", e giù risate. Sa, erano gli ultimi cascami del futurismo. Come quando Petrolini diceva: "Sono entrato in un cantiere, ma nessuno cantava". Poi, prima di mezzanotte Alberto andava a letto. Se no, diceva, non avrebbe preso più sonno. La mattina alle otto cominciava a scrivere. Fino a mezzogiorno. Aveva educato corpo e mente a ritmi prestabiliti».
Funziona?
«Da vecchi credo di sì. Milly per essere vitale e in forma la sera, dormiva interi pomeriggi. Bisogna educarsi ad alcuni automatismi».
Tra questi mi colpisce la sua memoria. Lei tiene in piedi quasi da solo uno spettacolo per due ore, ricordando ogni battuta.
«Allenamento. Basta che io passi un pomeriggio di riposo e non ricordo più nulla. E poi come fare a ricordare tutte le malinconie di una vita battagliata? Perché la mia è stata una piccola esistenza con tanti problemi».
PAOLO POLI
Allude all'omosessualità?
«No, alludo ai mille problemi che hai in teatro. Quanto all´omosessualità, per me è sempre stata un fatto naturale. Ho avuto la fortuna di avere genitori mentalmente molto liberi e spiritosi. Mio padre per sottolineare una certa effeminatezza, mi diceva: "Vieni qui, suor Camilla, hai saltato la bajonetta?", no, papà, avevo tanta paura. "Allora ti farò esonerare dalla ginnastica". C´era ancora il fascismo. Il babbo detestava quegli slanci virili. E in seguito ho avuto la fortuna di fare un mestiere in cui Arlecchino si confessa burlando».
Una tipologia molto diversa dalla sua, enormemente più complicata, l´ha offerta Pasolini.
«Eravamo molto differenti. A lui garbavano i ragazzi di vita, i "ninetti davoli" con i brufoli e l´accento romanesco. Certamente aveva molta più personalità di me. Ricordo certe sere a cena dalla Laura Betti. Lui e Moravia che parlavano, parlavano e noi zitti, come soggiogati da tanta luce. A volte la Betti provava a intervenire, ma l´azzittivano subito».
Che impressione le faceva Pasolini?
«Un intellettuale acuto e una persona generosa, ma con degli scatti d´ira improvvisi. A me ricordava certa gente di Napoli: ti rubano la valigia, ma a volte ti danno il cuore».
Cosa ha pensato della sua morte?
«Gli piaceva rimorchiare con la macchina decappottabile. Certe volte tornava dalle sue escursioni tutto stracciato, sporco e graffiato. La sua morte? Comunque sia andata, è stato il clima di fascismo che c´è in questo Paese. Endemico, ineliminabile. Non è Mussolini che ha inventato il fascismo, ma gli italiani che hanno inventato Mussolini».
PAOLO POLI COVER
Che Paese è questo che non riesce a superare i propri limiti?
«Viviamo dei nostri rancori. Siamo fatti così. E poi non c´è stata la Rivoluzione francese. Non c´è un punto vero da cui siamo partiti. La nostra storia è stare sempre in mezzo a qualcosa. Pronti a trasformarci in qualcos´altro. Avevamo l´abate Parini, che pigliava sì le difese della cameriera, ma poi sognava di trombarsi la padrona. E il conte Alfieri? Gli tirano i sassi alla carrozza e lui scrive Il Misogallo, contro la Rivoluzione francese. Questo è il massimo che abbiamo espresso: un po´ di letteratura, melodramma e tanta canzonetta».
Le canzonette fanno parte del suo teatro.
«Sono la salvezza di questo Paese e poi ci ricordano di quando eravamo giovani. Nessuno canta più le arie difficili, ma tutti conoscono "Mamma"».
Adora il doppio senso?
«Recentemente un signore alla fine dello spettacolo mi ha gridato: "Canti Viva la biga, viva la biga". E io: "Ai romani piaceva la biga/ Più romantica della lettiga/ Fu Poppea capricciosa sovrana/ ad avere la voglia balzana/ che sopra la biga voleva un magnifico auriga"».
ANNA MARIA ORTESE
Cosa le piace del pubblico che viene ai suoi spettacoli?
«L´intesa, a volte anche maliziosa, che si stabilisce e che termina in un applauso. Ricordo che a Taranto davanti a una platea di marinai cantavo "Ciribiribin che bel nasin, che bel bocchin" e a quel punto roteavo la lingua. Veniva giù il teatro dagli applausi e dalle risate».
Lei canta in falsetto?
«Sono troppo vecchio per il falsetto. Lo usavo quando cantavo in chiesa».
E le capita di entrare ancora in una chiesa?
«Adoro il barocco».
Un esteta. Ma il suo rapporto con Dio?
«Buonissimo, ho fatto tante comunioni e ho sempre digerito. Sono come quei Papi che non credevano in nulla, però hanno affrescato bene. Hanno rubato, venduto le indulgenze, ma la Cupola è lì!».
FRANCA VALERI
Com'è la sua vita fuori dal teatro?
«Ora sono vecchio e poco mi resta».
Non mi pare che le corrisponda.
«Il tempo si restringe e le forze calano».
Rimpiange qualcosa della sua giovinezza?
«Allora si perdeva tempo a rimorchiare. Io, poi, ero bello. Vestito tutto di azzurro con i capelli ossigenati, sembravo un inglesino. Seduto sulla scalinata di Piazza di Spagna ricordo che rimorchiai un tranviere. Aveva i peli che gli uscivano dai polsini della camicia. Per la mia gioia facevamo dei viaggetti in tram ai Castelli Romani. Com´ero elegante».
Nessuno indossa il frac come lei.
«Per forza sono nato miserevole, ma ho l´eleganza degli aristocratici».
MARLON BRANDO
Si chiama sprezzatura.
«Solo il borghese è succube del suo vestito. Ma ormai invecchio, non ci faccio più caso».
Cosa la preoccupa della vecchiaia?
«Nulla. Mi piace sentire i doloretti e il corpo che lentamente va. Pensi alla noia di essere Faust o Dorian Gray. Trovo insulsa la difesa a oltranza dei propri corpi e patetico questo attaccamento alle chiappe delle escort. Si chiamano così ora?».
Se ne fa un gran parlare. Lei che impressione ne ha ricavato?
«Raglio d´asino non giunge in cielo. Cosa vuole? Ci trastulliamo con la cronaca perché è più difficile capire la storia che ha un disegno mentale degli avvenimenti. Lo zio violenta la nipote, il piccino sopprime il coetaneo, il figlio ammazza la mamma. La gente vive di queste piccole e inquietanti morbosità».

lunedì 21 marzo 2011

il mito degli androgini

Questi uomini erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell’unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi, nel senso che volevano.

E quando si mettevano a correre, facevano un po’ come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c’erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d’entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra.

La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l’essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dèi.

Allora Zeus e gli altri dèi si domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un’idea. "lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri."

Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d’ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un’apertura - quella che adesso chiamiamo ombelico.

Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella regione del ventre e dell’ombelico, come ricordo della punizione subìta. Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all’altra.

Si abbracciavano, si stringevano l’un l’altra, desiderando null’altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d’inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l’altra. E quando una delle due metà moriva, e l’altra sopravviveva, quest’ultima ne cercava un’altra e le si stringeva addosso - sia che incontrasse l’altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo.

Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l’uomo con la donna.

Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza. E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d’amore gli uni per gli altri, per riformare l’unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell’uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione dell’essere umano completo originario.

Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra che le è complementare, perché quell’unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E’ per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la maggior parte degl adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall’essere completo di sesso femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche.

I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi. Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio primitivo, si innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro ardore, la loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili.

Ed eccone una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di questo tipo sono i soli a mostrarsi veri uomini e a occuparsi di politica. Da adulti, amano i ragazzi: il matrimonio e la paternità non li interessano affatto - è la loro natura; solo che le consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro, sarebbero bel lieti di passare la loro vita fianco a fianco, da celibi. In una parola, l’uomo cosiffatto desidera ragazzi e li ama teneramente, perché è attratto sempre dalla specie di cui è parte. Queste persone - ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l’altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straodinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall’affinità con l’altra persona, se ne innamoranc e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dirti cosa s’aspettano l’uno dall’altro.

Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie dell’amore: non possiamo immaginare che l’attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C’è qualcos’altro: evidentemente la loro anima cerca nell’altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza.

Se, mentre sono insieme, Efesto si presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse: "Che cosa volete l’uno dalI’altro?", e se, vedendoli in imbarazzo, domandasse ancora: "Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell’Ade, voi non sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che desiderate? è questo che può rendervi felici?" A queste parole nessuno di loro - noi lo sappiamo - dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos’altro.

Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio desiderava: riunirsi e fondersi con l’altra anima. Non più due, ma un’anima sola